martedì 24 aprile 2012

Depressione Capitale


Durante la "Grande Depressione" americana  i coltivatori del Midwest furono costretti, a causa di ipoteche sulle loro terre e/o a causa delle tempeste di sabbia, ad emigrare verso la ricca e fertile California. Venivano chiamati con il dispregiativo di "Okies " , poiché la maggior parte di loro veniva dall' Oklahoma . Costretti a vivere da vagabondi in cerca di lavoro stagionale, ed accampati nelle cosiddette Hooverville, dal nome del presidente Herbert Hoover : nient'altro che baraccopoli nei dintorni delle città.

In Italia li chiamavano ( o li chiamano) "terroni". Lavoratori che dal Sud, agricolo e poco industrializzato, andavano verso il "triangolo industriale" tra Milano, Torino e Genova. Interi quartieri di queste città erano abitati, come piccoli ghetti, da calabresi, pugliesi, siciliani o lucani.

In Germania, dopo la seconda guerra mondiale, i lavoratori immigrati che arrivavano per ricostruire strade, fogne e quant'altro venivano chiamati "gastarbeiter" cioè "lavoratori ospiti", perché restavano 6 mesi o un anno al massimo e poi ritornavano nei rispettivi paesi. ( Nds: i tedeschi sono sempre molto precisi: lavori, guadagni e te ne vai.)

Sempre in America, gli emigrati italiani che lavoravano a giornata, venivano chiamati "daygo" appunto perché con la loro misera conoscenza dell'inglese riuscivano solo a dire "one day and go", indicando ai vari caporali che non sarebbero rimasti a lavorare per molto, ma si accontentavano del poco.

In Arabia Saudita, in Dubai ed in India, sono i bengalesi, con i loro abiti di lino e le loro misere speranze di una vita migliore, che lavorano senza sosta sotto il sole per pochi dollari da inviare a casa tramite fidati connazionali.

In Sicilia, in Calabria, in Puglia, sono i così detti "extra comunitari" di colore, arrivati con barconi fatiscenti, dopo aver attraversato il deserto e il mare, provenienti dalla Nigeria, dal Niger, dalla Sierra Leone o dal Mali,  che raccolgono pomodori, arance, limoni per pochi euro a cassetta. Anche loro, come gli altri, sono costretti a vivere in alloggi di fortuna forniti dagli stessi caporali senza la minima igiene.

Moldavi, bengalesi, italiani, africani, non ha importanza la provenienza siamo tutti uguali per necessità e per desideri. Per gli "opulenti" imprenditori sono (siamo) solo braccia da sfruttare per abbassare i costi di produzione e per gli indigeni, allo stesso tempo, sono (siamo) solo invasori venuti a rubare.

Una cosa certa è che le persone si muovono e si spostano seguendo il denaro e le speranze illuse dal sistema capitalista, che promette tutto in cambio della propria vita.

1 commento:

  1. ... bravissimo. Un ciclo che non si può arrestare fintantoché questo sistema perdura. Lungo la stessa linea di "un ciclo siamo macellati / un ciclo siamo macellai /
    un ciclo riempiamo gli arsenali /
    un ciclo riempiamo i granai" (CCCP).

    RispondiElimina