mercoledì 5 dicembre 2012

Sweet Sixteen


Ormai avete capito come funziona, no?
Noi pubblichiamo quando ci pare... cel'ha ordinato il medico.
Magari siamo un po' pigri...o magari siamo super impegnati, che ne sapete.
Il sediciesimo numero del John's memos è dedicato un po' a tutti...ma soprattutto agli "Uomini Accappatoio".
Quelli che vivono in pigiama ( o in tuta ) per il 70% della giornata
Che percorrono 400 volte al giorno lo stesso percorso dalla poltrona al frigorifero e dalla poltrona al cesso.
A loro dedichiamo la sezione Film-o-Crat, citando " Santa Maradona", di Marco Ponti, un film per i perdigiorno e fannulloni in cerca del colpo di fortuna che svolti la vita.
Buona lettura

John's memos N°16

venerdì 5 ottobre 2012

Il notaio


 A Tallin, nel'700, viveva il notaio Turder. Uomo molto rispettato e ligio al dovere, che godeva dell'amicizia di alte cariche. Una sera ricevette una missiva anonima.
Aprì con cautela la lettera e lesse: "La sventura si abbatterà su di te se entro 10 giorni non manderai questa lettera ad almeno 10 persone. Fatto il misfatto, persa la testa e ci sarà la festa."
Il notaio, perplesso, ripose la lettera. Chi era il mittente? Credervi o no? E perché proprio lui?
Mentre rifletteva, si coricò.
 
L'indomani si svegliò più debole del solito, si guardò allo specchio e vide un enorme bubbone in viso.
Spaventato, si ricordò della lettera e corse nello studio. Sudando di terrore, prese la penna ed inizio a scrivere. Con la mano tremante appose il timbro sull'ultima lettera ed una fitta al cuore lo stroncò all'improvviso. Il suo corpo esanime venne rinvenuto sulla scrivania e le lettere vennero tutte inviate, onorando le sue ultime volontà.

Tratto da:
Storie brevi e senza pietà


storia Vincenzo La
adattamento Marco Taddei
disegni Simone Angelini

domenica 19 agosto 2012

N°15

C'è chi si arrende ai primi passi e chi continua almeno per onore.
Questo 15esimo numero vorremmo dedicarlo ai lavoratori. Di qualsiasi tipo. Quelli che finalmente, dopo un anno di duro lavoro, possono godersi un po' di riposo.
Nella sezione "Film-o-Crat", abbiamo scelto un monologo di Gian Maria Volonté dal film " La classe operaia va in paradiso" di Elio Petri del 1971. 



Buona Lettura.

John's memos N°15

Il mondo

Nessun confine.
Nessuna nazione.
Nessuna discriminazione.

venerdì 20 luglio 2012

L'atterraggio


<< E' la storia di una società che precipita, e mentre precipita si ripete Fino a quì tutto bene. Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene."
Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio.>>

L'Odio

domenica 6 maggio 2012

14

No, no, nooooo!
Non ci siamo dimenticati del free press!
La stravagante normalità delle nostre vite extraweb ci porta a rallentare questo progetto, ma noi continuiamo lo stesso!
Buona lettura...
John's memos n°14

domenica 29 aprile 2012

Chaos in Downtown

Il film "Rambo" è un classico della cinematografia popolare...lo conoscono tutti. Tipico film di azione con armi pesanti e furore della guerriglia. Esplosioni, morti ammazzati e distruzione sfrenetica. In realtà la trama è molto più complessa di quanto possa apparire. Dietro l'immagine di J.J. Rambo c'è un personaggio molto comune nella cultura americana: il reduce di guerra.
Rambo, giovane soldato poco piu' che diciottenne, viene arruolato dall'esercito per andare a combattere un'altra guerra in un paese sperduto del mondo, lontanissimo dalla cultura statunitense. Come tutti i soldati, J.J. viene addestrato ad odiare il proprio nemico ed a usare qualsiasi mezzo per distruggerlo, fino alla nausea, fino a quando la "jarhead" non sarà riempita della violenza e delle atrocità della guerra. E non sarà abbastanza.
Nel caso della Guerra del Vietnam, un'altra guerra contro l'acerrimo nemico "rosso", il clima negli Stati Uniti era molto controverso. I movimenti studenteschi ed la grande ondata dell'amore degli Hippis, si contrapponevano al potere conservatore e violento dell' american dream di anni '50 e '60, mentre dall'altra parte del mondo, dei giovani americani venivano mandati a morire con la convinzione, ben piazzata nel cervello, di dover "salvare la patria" dalla probabile invasione comunista e  di un'altrettanto possibile sterminio nel continente nordamericano.
Così, l'eroe Rambo, porta morte e distruzione per tutto il Vietnam, dimenticandosi di quel suo Paese lontano che dovrebbe salvare, che per lui ormai è solo il nome di un posto idilliaco dove poter essere in pace.
Tornato in America, con le sue belle medaglie e la testa piena di atrocità viste in anni di violenza, pensa finalmente di aver fatto il suo dovere e di potersi riposare. Ma il tempo è percepito in maniera diversa in posti diversi quindi, mentre Rambo in Vietnam, ben addestrato dall'esercito americano, distrugge e ammazza come gli hanno insegnato, in America, la popolazione si indigna e si arrabbia per cio' che vede della guerra dal suo televisore in bianco e nero. I "figli dei fiori" non vogliono far la guerra, anzi la odiano, e i "rednecks" continuano a seguire la stile di vita conservatore uniformato e capitalista dell' "american dream".
Rambo è nel mezzo. Vorrebbe avere pace e amore come gli Hippies, ma loro "gli sputano in faccia e lo chiamano assassino", mentre la società civile nella quale era cresciuto non lo riconosce, mutato e cambiato dagli orrori della guerra, e non lo accetta, anzi vuole ucciderlo.
Cosa puo' fare una cellula impazzita del sistema che non riesce più e vivere in una maniera considerata "normale"? Niente, se non quello che gli  è stata insegnato. Uccidere e distruggere.
Da notare che negli Stati Uniti non vi sono mai stati attacchi diretti da eserciti stranieri, ad eccezione (forse) della guerra di indipendenza ed escludendo l'attacco a Pearl Harbur e alle Torri Gemelle, e quindi la società civile non ha mai subito le conseguenze dirette di una guerra combattuta a casa loro.
Rambo ormai è solo, ha trovato la sua "casa" solo nelle atrocità quotidiane del Vietnam e quindi, cerca di riportare quella suo quotidianeità in una piccola cittadina di provincia del West, per salvarsi da coloro che in principio voleva e doveva difendere. Come a dire " io sono un Vostro risultato, mi avete fatto Voi così ed ora Vi mostro ciò che ho appreso da Voi." Morte e distruzione.


Una grande fetta della popolazione americana ( circa 25 milioni di americani, fonte: Internazionale n° 938 del 2/8 Marzo 2012) è composta da reduci di qualche guerra e spesso capitano delle situazioni alla "rambo", dove qualche cellula impazzisce.
Per quei ragazzi ( "tutti quei ragazzi...", cit.) la realtà è incompatibile sotto molti aspetti, con quella che gli è stata inculcata a forza nella testa fino alla nausea e le loro vite sono ormai segnate con un marchio indelebile.

martedì 24 aprile 2012

Depressione Capitale


Durante la "Grande Depressione" americana  i coltivatori del Midwest furono costretti, a causa di ipoteche sulle loro terre e/o a causa delle tempeste di sabbia, ad emigrare verso la ricca e fertile California. Venivano chiamati con il dispregiativo di "Okies " , poiché la maggior parte di loro veniva dall' Oklahoma . Costretti a vivere da vagabondi in cerca di lavoro stagionale, ed accampati nelle cosiddette Hooverville, dal nome del presidente Herbert Hoover : nient'altro che baraccopoli nei dintorni delle città.

In Italia li chiamavano ( o li chiamano) "terroni". Lavoratori che dal Sud, agricolo e poco industrializzato, andavano verso il "triangolo industriale" tra Milano, Torino e Genova. Interi quartieri di queste città erano abitati, come piccoli ghetti, da calabresi, pugliesi, siciliani o lucani.

In Germania, dopo la seconda guerra mondiale, i lavoratori immigrati che arrivavano per ricostruire strade, fogne e quant'altro venivano chiamati "gastarbeiter" cioè "lavoratori ospiti", perché restavano 6 mesi o un anno al massimo e poi ritornavano nei rispettivi paesi. ( Nds: i tedeschi sono sempre molto precisi: lavori, guadagni e te ne vai.)

Sempre in America, gli emigrati italiani che lavoravano a giornata, venivano chiamati "daygo" appunto perché con la loro misera conoscenza dell'inglese riuscivano solo a dire "one day and go", indicando ai vari caporali che non sarebbero rimasti a lavorare per molto, ma si accontentavano del poco.

In Arabia Saudita, in Dubai ed in India, sono i bengalesi, con i loro abiti di lino e le loro misere speranze di una vita migliore, che lavorano senza sosta sotto il sole per pochi dollari da inviare a casa tramite fidati connazionali.

In Sicilia, in Calabria, in Puglia, sono i così detti "extra comunitari" di colore, arrivati con barconi fatiscenti, dopo aver attraversato il deserto e il mare, provenienti dalla Nigeria, dal Niger, dalla Sierra Leone o dal Mali,  che raccolgono pomodori, arance, limoni per pochi euro a cassetta. Anche loro, come gli altri, sono costretti a vivere in alloggi di fortuna forniti dagli stessi caporali senza la minima igiene.

Moldavi, bengalesi, italiani, africani, non ha importanza la provenienza siamo tutti uguali per necessità e per desideri. Per gli "opulenti" imprenditori sono (siamo) solo braccia da sfruttare per abbassare i costi di produzione e per gli indigeni, allo stesso tempo, sono (siamo) solo invasori venuti a rubare.

Una cosa certa è che le persone si muovono e si spostano seguendo il denaro e le speranze illuse dal sistema capitalista, che promette tutto in cambio della propria vita.

lunedì 19 marzo 2012

Chambres


Il posto è in una zona commerciale, accanto ad un grande negozio di mobili. L'insegna a neon è malfunzionante ed almeno 2 lettere sono bruciate, ma il cartellone d'ingresso, con disegnato un fattorino con cappello cilindrico e divisa verde, fà supporre una accoglienza di lusso. Mi ricorda tanto un villaggio turistico in stile sudista americano, con edifici coloniali in legno color bianco panna e servetti tuttofare di colore.
Entrato all' accoglienza il campanellino della porta suona ed una voce mi dice "Bon Jour!". C'è odore di curry e spezie ed i muri sono ricoperti da striscioni e divinità indiane.
La signora in sari e infradito mi accompagna alla stanza e mi porge le chiavi, dicendomi che "quando c'era il re, in questa zona c'erano i laghi dove venivano a passeggiare. Poi li hanno ricoperti per farci un'area edificabile.".
La camera è minimal sia negli spazi che nell'arredamento...tutto in verde.
Il riscaldamento è spento ed il wifi non funziona. Nel bagno vedo tante piccole spaccature nel piatto della doccia e lo scarico perde acqua. Niente saponette monodose sigillate, ma un boccione di sapone preso al discount, insieme alla carta igienica rosa.
I muri di legno sottilissimo mi permettono di ascoltare bene i discorsi dei miei vicini, per non parlare delle loro performance amorose.
Per stavolta baderò' bene a dove appoggiare i miei piedi, per non rischiare funghi della pelle.
Sperando di sopravvivere qui, nella piccola Calcutta...

sabato 3 marzo 2012

Numero 13

Sempre più in ritardo, sempre più sporadico, ma sempre ironico e scherzoso, il nostro Memos non segue più le ferree regole editoriali che ci eravamo imposti ormai piu' di un anno fa'.
Noi continuiamo, senza sosta, senza pudore e soprattutto "sanza palanche" (cit.) a scrivere, dietro la cortina cibernetica del blog, sui nostri taccuini o su fogli di carta riciclata. Poi, una volta accumulato un po' di materiali, lo trituriamo e lo serviamo sui Vostri schermi...
Cercate in ogni caso di seguirci!
Sollecitateci a pubblicare, spronateci scrivendoci delle mail infervorate a john.s.memos@gmail.com o insultateci se non siete d'accordo con noi!
In ogni caso noi ci siamo e ci saremo, magari non molto visibili, ma ci saremo!
Per ora accontentatevi di leggere il 13esimo numero!
13...porterà fortuna o sfortuna? ditecelo voi !

John's memos N°13

Buona Lettura!

John & Guke

martedì 3 gennaio 2012

Neoprimitivismo Posturbano



Dalle macerie rinasce sempre una nuova vita.

La natura cresce dove l'uomo abbandona

Lasciamo la civiltà per un pezzo di Paradiso.